Come Implementare un Sistema di Gestione Aziendale

Nel complesso, la gestione di un’azienda risulta un’attività molto complessa in quanto ci si deve mantenere costantemente aggiornati sui molteplici cambiamenti normativi garantendone il pieno rispetto. Oggi esistono molti “strumenti” per garantire una buona qualità di lavoro all’interno dell’azienda, un’attenzione all’ ambiente nei processi lavorativi, e per la salvaguardia della salute e sicurezza dei lavoratori. A tale scopo, arrivano in nostro aiuto i Sistemi di Gestione. Con questo termine si intendono dei “modelli organizzativi” implementati dalle imprese nel loro settore di appartenenza, al fine di garantire il pieno rispetto a determinate norme cogenti e volontarie.

Per validare la correttezza e completezza del proprio sistema di gestione, esistono degli Enti di Certificazione accreditati al livello mondiale che rilasciano certificati, a seconda della norma o delle norme seguite dall’azienda. Questi certificati si ottengono dopo approfondite verifiche in loco dell’ente certificatore, il quale esaminerà tutta la “documentazione di sistema” prodotta dall’azienda, la comprensione del sistema da parte degli impiegati e la corretta applicazione dello stesso nell’ambito del contesto lavorativo. L’iter di ottenimento di un certificato è solitamente abbastanza lungo e va dai 5 mesi ad un anno circa a seconda della complessità.

L’azienda può dotarsi di consulenti esterni per la creazione della modulistica necessaria e per intraprendere i contatti con gli enti di certificazione, oppure può agire autonomamente qualora ritenesse di avere le competenze adatte. Esistono numerosi enti di Certificazione anche molto prestigiosi e riconosciuti al livello mondiale. È sempre consigliabile chiedere molti preventivi, in quanto i costi per le verifiche ispettive e il rilascio del certificato di conformità ad una norma, possono essere molto diversi.

Nello specifico, le aziende italiane possono scegliere tra molti “Sistemi di Gestione” che è possibile implementare all’interno della attività lavorative Generalmente tali sistemi fanno riferimento a norme ISO riconosciute dall’unione europea oppure norme mondiali recepite dall’Italia. I più famosi di questi e maggiormente richiesti ed utilizzati sono

– Sistema di Gestione della Qualità conforme alla norma UNI EN ISO 9001:2008: stabilisce criteri per i quali l’azienda si impegna a seguire e rispettare la norma di riferimento, è un sistema di qualità pura che garantisce una classificazione dei processi e un controllo degli stessi al fine di minimizzare le non conformità.
– Sistema di Gestione Ambientale conforme alla norma UNI EN ISO 14001:2004: definisce criteri che l’azienda intende rispettare nell’ambito dell’attenzione all’ ambiente e dello sviluppo sostenibile.
– Sistema di Gestione per la Sicurezza sul Lavoro conforme alla norma BS OHSAS 18001: stabilisce le linee guida che l’azienda intende seguire oltre alla normativa cogente in materia di sicurezza, garantendo performance maggiori rispetto a quanto richiesto.
– Sistema di Sicurezza Agroalimentare conforme allo standard IFS oppure alla norma UNI EN ISO 22005: è un sistema adatto per le imprese che producono alimenti e materie prime che vogliono garantire una maggiore tracciabilità e sicurezza alimentare oltre ai principi obbligatori dell’HACCP.

Qualora un’azienda intenda dotarsi di più sistemi di gestione contemporaneamente, è possibile integrarne due o più, in modo da evitare modulistica doppia e spreco inutile di tempo.
Come vediamo, sono numerosi i sistemi di gestione di cui un’azienda può dotarsi, basta solo capire qual è quello più inerente e fruttuoso rispetto alla propria attività lavorativa. L’implementazione di uno di questi sistemi (o più d’uno) richiedono qualche sacrificio e un po’ di soldi da investire, ma l’azienda ne ricaverà sicuramente benessere in termini di risparmio economico, visibilità sul mercato, importanza acquisita verso gli stakeholders e migliore organizzazione generale dell’impresa.

 

Come Inaugurare un Pub

I pub sono dei locali molto apprezzati da persone appartenenti a tutte le fasce d’età ma in particolare dai giovani. Essi vi si recano abitualmente facendoli diventare il loro luogo di ritrovo. Se si decide di aprire un pub la percentuale di una buona riuscita dell’attività è molto alta ma ci sono delle strategie ben precise che permettono di “debuttare” e di mantenere il successo tanto agognato anche nel corso del tempo. Vediamo come si può inaugurare un pub.

Una volta terminati i lavori del locale c’è la tanto aspettata apertura. L’inaugurazione serve per festeggiare il primo giorno di attività con i propri familiari ma anche e soprattutto con i clienti. La prima impressione che essi avranno del locale sarà quella che consentirà un loro successivo ritorno oppure no. Per questo è molto importante, innanzitutto, farsi conoscere attirando più gente possibile e poi far si che ogni minimo particolare sia perfetto durante l’inaugurazione. Sedersi a tavolino e pianificare i dettagli è la scelta migliore prima di inaugurare il proprio locale.

Per fare in modo che sia presente un alto numero di persone all’inaugurazione è importante una buona campagna pubblicitaria. Si possono utilizzare volantini, affissioni lungo le strade, inserzioni su giornali e spot su radio o televisioni locali. Si potrebbero creare dei coupon che prevedono omaggi o sconti sulle consumazioni per attirare soprattutto i clienti più giovani. Attività aggregative come animazioni, giochi o musica possono dare il giusto tocco di curiosità e di divertimento di cui il locale necessita. Avere spirito di iniziativa può stimolare l’affollamento del locale.

Le strategie di marketing possono riscuotere successo solamente se sono affiancate da altri due particolari fondamentali: personale competente e dinamico e cibi e bevande di qualità Assumere ragazzi o ragazze di bell’aspetto, simpatici e svegli può influire notevolmente sull’andamento del locale

Se il servizio è ottimo e si riesce ad instaurare un rapporto confidenziale con i clienti sarà più facile farli diventare abituali Nel primo giorno di apertura devono essere giocate le carte migliori La qualità del cibo e delle bevande è un altro aspetto fondamentale che deve avere un effetto positivo sul cliente Creare degli assaggi e allestire dei frigoriferi o dei ripiani visibili dove si possono osservare le bevande disponibili, può suscitare una buona reazione soprattutto se si espongono birre internazionali e di vario genere.

Personal Building Plan – Come Svilupparlo

C’era una volta il Piano Editoriale ovvero quella guida che i blogger realizzano per pianificare la loro presenza online, i contenuti da divulgare, le azioni strategiche per farsi trovare e magari iniziare delle conversazioni con i visitatori che così, una volta coinvolti, possono diventare potenziali clienti. In genere questo tipo di documenti si suddividono in tre parti: l’analisi del proprio brand, il target a cui ci si riferisce e il calendario editoriale ovvero il calendario dei post che si scriveranno durante l’anno. Si tratta di un progetto impegnativo già di per sé e che non tutti i blogger hanno. Per esempio Riccardo Esposito, webriter freelance oramai di riferimento per la blogosfera e non solo, ce l’ha e dà ottimi consigli per realizzarne uno. Riccardo Scandellari, creativo e giornalista e autore di libri sul personal branding e il marketing digitale, invece non ce l’ha o almeno così ha dichiarato di recente. Allora, che cosa è meglio fare: avercelo o no? Questa è la stessa domanda, tra l’altro, che molti imprenditori si fanno a proposito del Business Plan: è il caso di farlo o no? Dal mio punto di vista se si sa a memoria la strada per il successo e la si sta percorrendo senza alcun bisogno di una guida forse il fermarsi un poco a guardare le mappe può davvero essere non necessario se non addirittura d’intralcio. Ma chi possiede una dote del genere? E per quanto tempo può durare? Anche i geni a volte hanno dei momenti in cui devono ripartire. Perciò io propendo per pianificare per bene il percorso che si intende intraprendere con qualcosa che considero ancora più importante del Piano Editoriale: il Personal Branding Plan, o almeno così l’ho chiamato io.

Che cos’è il Personal Branding Plan? In parte abbiamo già risposto parlando di mappe. Pensate per un istante di essere il capitano di una nave che deve navigare per un’importante spedizione. Immaginate di essere Vasco Da Gama e che dovete doppiare il Capo di Buona Speranza. Pensate di potercela fare senza delle buone carte nautiche? Sono sicuro che, in effetti, ne avete bisogno. E allora perché pretendete di muovervi nell’intero World Wide Web affidandovi al caso? Come potete pensare di portare a casa qualcosa se non avete una meta e una rotta per arrivarci e per tornare? Lo stesso dicasi per le vostre attività nell’altro mare, quello della vita, non meno vasto e non meno disorientante con tutta la sua complessità. Il Personal Branding Plan è l’insieme degli strumenti che vi serve per tracciare la vostra rotta verso il successo, perché se non è a quello che mirate non capisco dove accidenti volete andare. Una via questa che spesso è difficile, impervia, piena di ostacoli. Uno dei più grossi, ad esempio, è la vostra reputazione. Che cosa pensano gli altri di voi? Che cosa si dice in ufficio, a casa, tra gli amici di voi quando non ci siete? Che conversazioni ci sono su di voi sia fuori dalla rete sia sui social network? Ne avete almeno un’idea? Se non ce l’avete state sprecando la vostra esistenza in un solipsismo auto-erotico. Perciò muovetevi, andate a monitorare voi e il vostro brand.

Per la vostra quotidianità offline, invece, non esitate a chiedere dei feedback su di voi e il vostro operato. Di certo saprete che nell’odierna civiltà delle continue conversazioni se non date voi l’impronta alla vostra comunicazione, lo faranno altri e in termini che potrebbero danneggiarvi.

Per aiutarvi a capire cos’è un Personal Branding Plan, a cosa serve, a chi è utile, perché è importante, cosa contiene, come farlo e dove tenerlo ho preparato un video che dura circa dieci minuti. Prendetevi questo tempo perché vi ripagherà un milione di volte tanto per quanto riguarda la vostra interazione con il mondo che vi circonda e quindi la vostra comunicazione a tutto tondo. Proprio questa è la principale differenza che esiste tra il Piano Editoriale e il Personal Branding Plan: il primo ha il suo focus sul blog o sito web mentre il secondo analizza e pianifica ogni aspetto delle vostre attività di business e non solo. Buona visione! Subito dopo mettetevi all’opera e fatemi sapere come procede il vostro Personal Branding Plan.

Come Suscitare l’Interesse dei Professionisti di Qualità

Un buon modo per interagire con possibili collaboratori molto qualificati è quello di individuare i professionisti di riferimento della propria nicchia e iniziare delle conversazioni. Parliamo di questo oggi per il breve viaggio attorno al mondo delle relazioni che vi sto proponendo.

Potreste iniziare dagli elenchi dei vostri professionisti di riferimento. Poi cercate di sapere tutto di loro e quindi provare a stabilire un dialogo sulla base di ciò che sta loro a cuore. Cercate di conoscere bene uno o due argomenti e incuriosite i vostri interlocutori. Loro ameranno sentir parlare dei loro interessi e vi dovrebbero dar retta da subito, se sapete farlo in modo amabile e disinteressato.

L’obiettivo, infatti, non è metterli all’angolo, sotto torchio, per cercare di ottenere chissà cosa. Una volta ero alla scrivania di un cardinale il cui cellulare squillava ogni cinque minuti per una chiamata sempre dalla stessa persona che insisteva a proporgli un progetto. L’aria del prelato era molto seccata. Ecco una cosa proprio da non fare. Dovete, invece, fornire informazioni e conoscenze che la persona con cui interagite ignora o conosce poco. Per quanto il vostro contatto possa essere un asso nel suo campo, il più esperto di tutti, ci sarà sempre una sfumatura, un aspetto che conosce di meno. Cercate, con tatto, di scoprire qual è.

Se proprio non trovate nulla elaborate voi stessi qualche nuovo argomento. Proponetelo e verificate che feedback ricevete. Non scoraggiatevi se non ne ricevete o se è negativo. Potete imparare qualcosa anche da queste risposte. Per esempio una volta ho visto un venditore di riviste, libri e enciclopedie tentare di vendere un corso di pittura per dilettanti ad un pittore professionista che cinque minuti prima gli aveva detto che mestiere faceva. Il venditore ha fatto due più due ed è partito con la sua proposta. Magari se avesse avanzato una o due domande in più avrebbe evitato la figuraccia. Ma c’è dell’altro. Tentare di vendere qualcosa dopo pochissimi minuti, con scarse o addirittura senza informazioni e soprattutto senza intessere una conversazione, che dobbiamo padroneggiare, è l’errore più grande che un venditore può commettere.

I clienti oggi non vogliono attorno gente che cerca di appioppare loro qualunque cosa. Sono molto informati, competenti ed esigenti. Una ragione in più per coltivare quegli stessi interessi che i nostri interlocutori amano. Questo vale ancor di più se vogliamo avere a che fare con grandi esperti. Ecco cosa faceva Theodore Roosvelt, secondo quanto ci racconta Dale Carnegie in Come trattare gli altri e farseli amici
Tutti coloro che sono stati ospiti di Theodore Roosvelt hanno avuto modo di stupirsi per l’enciclopedica cultura del presidente. Che il suo visitatore fosse un cow-boy, un politicante di New York o un diplomatico, Roosevelt sapeva che cosa dire. E come faceva? La risposta è semplice. Se attendeva un ospite, stava sveglio fino a tardi, la sera prima, per leggersi l’essenziale su un soggetto che sapeva sarebbe stato gradito al suo visitatore.

Consigli di Marketing per chi Vuole Fare Spettacolo

In un suo recente post Seth Godin parla di Tre lezioni di marketing da Brodway. Sono molto illuminanti per i gruppi che vogliono fare spettacoli e promuoversi ma non solo. Queste tre considerazioni sono ottime anche per tutte le piccole organizzazioni. Perciò ho deciso di parlarvene e di confrontarle con alcune situazioni che vedo in giro nella realtà italiana.

Prima di tutto rivolgiamoci ai nostri spettatori più fedeli.
Attivare il pubblico che ci segue e a cui piacciono i nostri spettacoli è più produttivo che urlare alla gente che ci ignora. Anche se abbiamo pochi fan è da quelli che bisogna cominciare. E se non ne abbiamo ancora nemmeno uno gridare ai quattro venti non è la strategia migliore. Ho sentito, per esempio un attore e regista responsabile di una compagnia che ha vinto il bando delle residenze del Teatro Pubblico Pugliese lamentarsi che la pubblicità alla radio era tanto costosa quanto inefficace. D’altro canto la stessa compagnia non raccoglie le email dei propri spettatori per avvisarli dei nuovi appuntamenti.

Pensiamo alle storie, non ai premi vinti.
Parlando poi di pubblicità degli spettacoli enfatizzare i premi vinti e i riconoscimenti avuti ha senso se si sta cercando di raggiungere la totalità delle persone che vorrebbero vedere questo o quello show di cui tutti parlano, ma non è questa la visione del nostro pubblico fidelizzato. Quest’ultimo nei manifesti e nelle locandine vuole intuire, capire la storia che andrà a vedere per decidere se ne valga la pena o no. Altrimenti se si rende conto che è di fronte ad un lancio pubblicitario tenderà a non rispondere come vorremmo. La grande tentazione dei gruppi che iniziano a vincere dei premi è proprio quella di smettere di raccontare dei propri spettacoli e iniziare a parlare solo della propria gloria. Questo è l’inizio del declino.

Facciamoci una tribù.
Gli annunci e le pubblicità costose fanno bene il loro lavoro quando sono persistenti. Un solo annuncio non cambia la situazione, per quanto urlato sia. Costruire e connettere una tribù di spettatori è molto più vantaggioso, oltre che meno dispendioso. E oggi la rete ci permette grandi opportunità per farlo a costo zero, o quasi. La strategia vincente è quella di creare una community nella quale ciascun fan è riconosciuto e valorizzato o, ancor di più, è un entusiasta ambasciatore delle nostre performance.

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