Cosa Pubblicare nella Pagina Facebook

Che cos’è una pagina Facebook? Iniziamo dal distinguere tra quest’ultima e un account, cioè un profilo personale. Se abbiamo un’azienda, una band musicale, un’attività artistica faremmo bene a curare la pagina piuttosto che il profilo. Quest’ultimo infatti si presta bene se vogliamo restare in contatto con i nostri amici. Ma per il lavoro, se soprattutto indipendente, ci serve la pagina. Tra l’altro quest’ultima ha il vantaggio di non avere il limite delle cinquemila amicizie. Se non sappiamo bene cos’è e come funziona possiamo consultare il centro assistenza.

Una pagina Facebook è una parte del nostro giardino.
Possiamo pensare ad una pagina Facebook come una parte del nostro giardino. Si tratta di un luogo dove ricevere delle persone, far godere loro delle meraviglie che curiamo, incantarle e intrattenerle, al di là del fatto se concluderemo con loro o meno qualche buon affare. Perciò ci è utile pensare ad un pezzo di terra dove piantiamo, innaffiamo, concimiamo, aspettiamo la crescita, innestiamo, potiamo, puliamo, ecc. Come un giardiniere o un contadino ogni giorno dovremo curare un particolare, un aspetto, fare una parte del lavoro di un qualcosa che cresce con il tempo. Dico una parte del giardino e non tutto perché uno spazio su Facebook o su Twitter o su Linkedin o su altri social network è sempre in affitto. Non è nostro. I proprietari sono altri e impongono le loro regole di gestione. Perciò se vogliamo un giardino che sia davvero nostro dobbiamo sin da subito acquistare un nostro dominio. Solo in casa nostra potremo agire come meglio riteniamo opportuno. Perciò se vogliamo pubblicare i nostri post su una pagina Facebook vi dobbiamo associare un blog.

La rete è fatta di persone.
L’internet, non è un canale ma un mercato. In molti credono di dover utilizzare la rete per farsi pubblicità. Quest’ultima ha sempre meno validità anche perché spesso è un costo che non aggiunge nulla a ciò che facciamo, checché ne dicano i pubblicitari. L’internet è un luogo dove incontrarsi con le persone, dove conoscersi e frequentarsi è più economico e proficuo che altrove. Perciò è importante mettersi sullo stesso piano degli altri, non sui piedistalli. Non siamo degli scienziati che elargiscono scienza agli altri poveri ignoranti. Semmai sono gli altri che hanno qualcosa da insegnarci. Diventa quindi importante mettersi in una condizione di ascolto e poi di dialogo. Prima di tutto apriamo bene le orecchie, cerchiamo di capire di cosa conversano i nostri clienti. Che gusti hanno? Cosa vorrebbero? Cosa chiedono? Questo sia nel caso volessimo accontentarli sia nel caso volessimo inventarci qualcosa di cui ancora non sanno di aver bisogno, come è accaduto con i primi telefonini.

Quali post non pubblicare.
Prima di vedere degli esempi di post, in coda a questo post, faremmo bene a capire cosa evitare, a cosa non è considerato come contenuto professionale. Perciò evitiamo di postare:
invettive più o meno umorali;
pubblicità a tutta forza;
lamentele;
catene di Sant’Antonio;
notizie non verificate, che si rivelano essere delle bufale;
foto di animali domestici, a meno ché non abbiano a vedere in modo diretto con la nostra attività;
foto in cui vi spaparanzate al mare o da qualche altra parte.

Se conosciamo il nostro talento sapremo cosa dire.
Ci siamo mai chiesti in che cosa siamo i più forti di tutti? Conosciamo qual è il nostro vero talento? Maradona sapeva di avere nel suo piede sinistro qualcosa che lo ha reso il migliore di tutti. Michelangelo trovò nella scultura l’espressione della sua maggiore vena artistica. E noi? Qual è il nostro brand, cioè la nostra identità? Cerchiamo di definirla in modo più chiaro possibile.  Che cosa vi viene in mente quando pensate ad Apple? Che pensate quando guardate una Ferrari? Allo stesso modo cosa desiderate che sia associato al marchio-logo della vostra ditta o negozio? Avete lavorato affinché chi lo guarda pensi proprio ciò che volete? Se sappiamo bene chi siamo diventa molto più facile comunicare. Addirittura i nostri stessi gesti finiranno per farlo per noi: ricordate quando Pantani prima delle salite toglieva via la bandana? Voleva dire che si era scaldato e che era pronto a dare il meglio di sé. Ora potreste obiettare che ho citato grandi brand mentre per i piccoli le cose starebbero in modo diverso.

Il marketing è mettersi in scena.
Chiunque abbia un’attività in pubblico è, in un certo senso, un attore e volente o nolente fa spettacolo. Che si tratti di un cameriere, di un pizzaiolo o di un parrucchiere comunque sta lì davanti al suo pubblico per la sua performance, che va oltre il cappuccino o la pizza o il taglio di capelli. Prima acquistiamo consapevolezza di questo e meglio è. Si tratta della migliore forma di marketing a nostra disposizione perché è il modo più a buon mercato per stare in relazione con i nostri clienti. Questa è la nostra fonte primaria di comunicazione da privilegiare. E non è difficile farlo anche nei social network. Oggi non solo la tecnologia ci permette di farci vedere in tempo reale, per esempio con uno streaming, senza spendere soldi. Addirittura è possibile fare in modo che le nostre esibizioni siano pensate in modo organico tra online e offline. Pensiamo ad una lezione pubblica di un cuoco, durante un evento. Potrebbe essere preceduta da delle clip su Youtube che anticipano alcuni contenuti che saranno sviluppate dopo.

Non siamo soli.
Se pensiamo che dobbiamo diventare una sorta di Alessandro Manzoni della situazione siamo sulla strada sbagliata. Se crediamo che dovremo passare giornate intere a scrivere articoli interminabili ci condanniamo alla solitudine e al deserto attorno a noi, a meno ché davvero non ci scopriamo dei romanzieri e allora il discorso cambia. Ma la scrittura per la nostra stessa azienda è una scrittura di servizio, non artistica, sebbene  la creatività ci sarà d’aiuto. Abituiamoci perciò ad essere diretti e brevi nei nostri concetti. La buona notizia, però, è che non saremo da soli. Addirittura noi saremo quel che avranno di meno da pubblicare. Il più lo faranno i nostri stessi clienti. Tutto quel che dobbiamo fare è stimolarli nei modi giusti perché scrivano su di noi e a proposito delle nostre produzioni. L’ideale è creare una vera e propria mini-redazione nella quale noi ci limiteremo a coordinare post scritti da clienti, da dipendenti, da altri collaboratori ancora che possono darci una mano.

Chi pianifica va lontano.
Qual è il segreto per durare a lungo online? Come si fa non abbandonare il progetto dopo poche settimane, come avviene spesso? Soprattutto come è possibile avere sempre qualcosa da dire? Lo strumento giusto è la pianificazione, ci occorre un vero e proprio piano editoriale. Può bastare, all’inizio e giusto per fare un esempio, un foglio di excel nel quale inserire il tipo di post o meglio la singola categoria che vogliamo trattare e tutti i titoli che in merito ci vengono in mente. Ad esempio mettiamo che la categoria sia “Storia dell’azienda”. I post potrebbero essere: la nascita dell’azienda; la storia dei fondatori; i primi anni, ecc. Facciamo un altro esempio. Poniamo che la categoria sia “Progetti” o “Idee” o “Sviluppi”. Gli argomenti in questo caso potrebbero riguardare tutte le singole iniziative o migliorie alle quali stiamo lavorando. Altre categorie ancora potrebbero essere: appuntamenti, notizie, tutorial.

Esempi di post.
Possiamo lanciare dei contest: tu ti fai una foto davanti al logo del locale e ti tagghi alla mia pagina e io ti faccio uno sconto o un regalo; questo è molto utile quando, soprattutto all’inizio, dobbiamo riempire la nostra pagina di fan;
sondaggi;
consigli per i clienti;
foto e post in cui mostriamo lo staff al lavoro;
foto e post in cui parliamo delle attrezzature che utilizziamo;
foto e post in cui descriviamo il prima e il dopo di un nostro lavoro (molto utile per architetti e parrucchieri);
tutorial (magari su Youtube);
post che parlano di obiettivi da raggiungere;
ringraziamenti quando qualche obiettivo viene raggiunto;
articoli sugli eventi in programmazione;
sconti e promozioni;
la storia della nostra azienda;
notizie e segnalazioni.

Non siamo nel deserto.
La nostra pagina non è l’unica al mondo. Non siamo da soli. Ricordiamoci che è inserita in un contesto dove ci sono milioni di pagine. Non rimaniamo a contemplare tutto il tempo il nostro ombelico. Guardiamo altre pagine, incuriosiamoci, partecipiamo, elargiamo anche noi like e commenti. Questo, tra l’altro, è un altro modo per farci notare.

Come Lavorare in America Latina

Risulta essere vero che i paesi latinoamericani si trovano in una posizione migliore rispetto a dieci anni fa, ma attualmente non è ancora possibile definire l’economia di questa porzione del mondo come una delle più floride, nonostante la crescita.

Un quadro caratterizzato dalla forte instabilità, accentuato soprattutto da un continuo aumento demografico. Poca offerta per molta domanda.

Il commercio dell’America latina è diviso tre in distinti blocchi commerciali
– il Messico fa parte del NAFTA (North American Free Trade Association), associazione di libero scambio tra USA, Canada e Messico.
– Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela (dal 2006) fanno parte del Mercosur (Mercado Común del Sur), mercato comune del Sudamerica.
– Colombia, Ecuador, Perù e Venezuela (in uscita) costituiscono la Comunità Andina delle Nazioni.

Il ritmo di crescita economica, la progressiva stabilità finanziaria e politica, la riduzione delle barriere doganali in entrata alle merci, stanno rendendo sempre più l’America Latina un mercato dinamico e accattivante per le aziende in espansione sia come nuovi sbocchi commerciali che per investimenti produttivi.

In particolare per gli europei e le aziende italiane fanno gioco forza le affinità culturali e una lingua molto simile.

C’è da premettere che partire per cercare lavoro come dipendente in un’azienda locale non è cosa semplice.

Chi possiede la residenza permanente e ha una lunga esperienza nel campo petrolifero, siderurgico, marmoreo, energetico, ha buone possibilità di trovare lavoro con retribuzioni elevate, (necessaria ottima conoscenza della lingua) in caso contrario le politiche economiche puntano soprattutto all’inserimento di personale locale.

Più semplice è invece spostarsi come trasfertisti di un’azienda italiana con sede in America latina. Sono molte infatti le società come la Fiat, Telecom, o le multinazionali Nestlè e Coca Cola, che hanno sede in Brasile o Argentina.

Alcune proposte interessanti per neolaureati le abbiamo scovate sul portale italiano Trovit; le offerte erano per lo più in ambito commerciale, ma si possono trovare annunci anche per neolaureati in ingegneria e IT e per chi volesse insegnare lingua italiana in Messico e in Argentina.

Il portale Net-Empregos, è invece portoghese, ma propone anche inserzioni per il Brasile e altri stati di lingua portoghese.

Al momento della ricerca gli annunci di lavoro erano circa un sessantina, rivolti per lo più a informatici e architetti.

Altro portale che durante le ricerche ha dato buoni risultati per lavori indirizzati ai neolaureati è Just Landed, con proposte prevalentemente per il Messico e l’Argentina in attività legate al turismo e il commercio.

Maggiori invece sono i siti che propongo lavoro in Brasile: Anúncios Brasil, sito di annunci vari con una sezione dedicata al lavoro; Bumeram.com, diviso in 15 categorie di annunci di lavoro dei quali si può essere costantemente aggiornati iscrivendosi alla mailing list del portale. E infine il sito 2UOL.

Per chi invece volesse tentare anche la strada della candidatura spontanea, esiste il progetto Great Place to Work. Ogni anno il Great Place to Work Institute crea le liste delle “Migliori Aziende in cui lavorare” selezionandole in 40 paesi in tutto il mondo.

Una sezione è dedicata anche all’America latina: potrebbe essere un utile spunto per non fare buchi nell’acqua.

Come Studiare in America Latina

Le ultime statistiche confermano che, tra gli studenti che vogliono fare esperienze all’estero, tra i paesi più gettonati dell’America Latina c’è l’Argentina.

Il ministero dell’istruzione argentino ha infatti confermato un notevole aumento di studenti stranieri nelle proprie università con un numero in costante crescita.

La possibilità di accedere a corsi di alto livello accademico a prezzi abbordabili é un incentivo importante.

All’offerta di master e di corsi post-laurea si somma la possibilità di imparare lo spagnolo in un ambiente culturalmente piacevole e a buon mercato.

Questo attira quindi sia studenti statunitensi che europei.

Interessante il dato riportato in un articolo sul portale Clarin.com: la percentuale di studenti stranieri rispetto al totale della popolazione universitaria in Argentina é del 1,05%, un dato molto simile a quello dell’Italia (2%), che posiziona il paese al quarto posto nel continente americano, dietro a USA, Canada e Uruguay.

Per avere maggiori informazioni sul sistema scolastico argentino si può consultare Estudiar en Argentina: un sito ben organizzato ed esaustivo del Ministero dell’Istruzione che fornisce indirizzi e delucidazioni per quanto riguarda la carriera universitaria in Argentina. Per avere invece una panoramica sulle iniziative post laurea si può far riferimento ai siti: Mapas e Universia.

Difficile la ricerca di informazioni, almeno per quanto riguarda la lingua italiana, sulle offerte formative del Brasile e del Messico.

La soluzione più semplice, e sicuramente più attendibile, è fare riferimento ai portali ufficiali dei reciproci Ministeri dell’Istruzione: il Ministério da Educação per il Brasile e la Secretaría de Educación Pública il Messico.

Per il Brasile, si può inoltre consultare il portale Universia, citato già per l’Argentina. Il portale è un network, patrocinato dal Gruppo Santander, che fornisce informazioni sulle offerte formative in tutta l’America Latina. Sul sito è inoltre possibile inserire il proprio curriculum vitae ed entrando nella sezione “Empleo”, consultare sia annunci di lavoro, che consigli per la carriera e ricerche sugli indirizzi di studi.

Per chi volesse invece partire per frequentare uno stage in America Latina, sito già citato più volte nei nostri focus precedenti sulle opportunità all’estero è Europlacement, che offre opportunità di internship in tutto il mondo.

Al momento della ricerca il sito non pullulava certo di proposte per l’America Latina, ma in media i tre paesi offrivano almeno una decina di tirocini ciascuno.

Al portale, vi ricordiamo, è necessario registrarsi fornendo la propria mail e creando un account.

Durante la registrazione viene fornito un periodo di prova del servizio, ma per utilizzare la versione “full” il costo è di 30 euro.

Come Studiare in Africa

Risulta essere il terzo continente per espansione e storicamente viene definito la “culla dell’umanità”. Si tratta dell’Africa, forse la terra che più risveglia curiosità e immaginazione, con i suoi paesaggi mozzafiato e le peculiarità della natura che la anima. Costituita da 54 stati, l’Africa ha avuto nei secoli una storia complessa e oggi la sua cultura è caratterizzata anche dalle influenze dei paesi che ne hanno colonizzato i territori: tra tutti, principalmente, la Francia, l’Inghilterra e l’Olanda. Colonialismo e decolonizzazione hanno influito duramente sulla stessa economia africana: quasi la metà dei paesi di questo continente appartiene infatti ai più poveri del mondo.

Ma l’Africa è un continente di contraddizioni e, accanto a questi stati, ci sono anche nazioni ricche con una qualità di vita occidentale, come ad esempio il Sudafrica e il Botswana, o il Kenya – che negli ultimi anni hanno dimostrato un tasso di crescita molto sostenuto. Ad accomunare, tuttavia, l’intero continente è la ricchezza e la disponibilità di risorse naturali minerarie, mentre l’agricoltura è però ancora la principale fonte di reddito per le popolazioni locali.
Dato il fascino di questo continente e la crescita di alcuni dei suoi paesi, un’esperienza di studio o di lavoro in Africa diventa oggi appetibile per i giovani europei, non soltanto per chi si occupa di scienze sociali ma anche e soprattutto per chi ha una preparazione in discipline scientifiche.

Prima di decidere però con quale genere di esperienza vogliamo arricchire il nostro bagaglio e scegliere dunque la destinazione, è bene conoscere bene l’intero continente e cercare quante più informazioni possibili sull’Africa. Un buon punto di partenza potrebbe essere contattare ambasciate e consolati dei paesi africani in Italia. Inoltre anche internet viene in aiuto: se sono numerosissimi i portali che parlano di Africa da un punto di vista turistico, è invece decisamente interessante il sito In Africa, nato per informare gli africani espatriati in Italia, ma valido anche per farsi un’idea della realtà politica, sociale e culturale dei vari paesi.

In quasi tutti gli stati africani sono presenti atenei universitari, i quali però difficilmente partecipano a programmi internazionali che permettono di svolgere una parte del proprio percorso di studi in loco in accordo con l’università di provenienza. Possibilità di questo tipo si incontrano per lo più negli istituti di Marocco e Algeria, però tendenzialmente si tratta di accordi stipulati con la ex-madrepatria francese. Per chi desidera dunque concentrare i suoi studi in un tempo breve, è ormai tendenza diffusa accordarsi direttamente con professori locali o prendere contatti con associazioni internazionali e onlus per svolgere brevi soggiorni magari finalizzati a una tesi di laurea. Ad esempio, per chi punta a fare un’esperienza di questo tipo, c’è SPW, Student Partnership Worldwide, un network che, partendo dalle tematiche di attualità nei paesi terzi, organizza campi di lavoro, summer school, progetti che conciliano studio e volontariato.

Tuttavia è possibile e in molti casi anche interessante, sostenere un percorso di studio totalmente in Africa, iscrivendosi in un’università locale, magari per un master o un corso post-lauream. Il paese che più frequentemente viene scelto per un’esperienza di studio è il Sudafrica. Il portale SouthAfrica.info offre un ottimo aiuto sia per scoprire le università e i corsi disponibili, sia per informarsi su documenti e permessi necessari. Per l’imprinting anglosassone dato dalla colonizzazione, il sistema universitario sudafricano assomiglia molto a quello inglese, anche per quanto riguarda gli standard di qualità e l’offerta formativa proposta. In tutti gli atenei infatti ci sono corsi di specializzazione incentrati su materie economiche o ingegneristiche: l’Università di Johannesburg ha una vasta scelta di corsi post-lauream, così come quella di Città del Capo, mentre l’Università di Rhodes si distingue per il dipartimento di biotecnologie che richiama studiosi da tutto il mondo.
Numerose sono le businness school del paese: il portale Learn4Good, che recensisce i migliori MBA di tutto il mondo, presenta le schede di tre istituti del paese, tra cui la Milpark Business School che ha sede sia a Città del Capo che a Johannesburg.

Anche il Kenya richiama l’interesse di molti: il sito di riferimento per capire il funzionamento del sistema universitario e avere una panoramica degli atenei, è il portale del Ministero dell’Educazione. Da segnalare con particolare attenzione è poi Kenyaplex, una vera e propria community di studenti locali e stranieri dove trovare articoli sulle università e i corsi, ma cercare anche notizie informali nei forum di discussione. Le pagine sono organizzate per discipline, in modo da facilitare al massimo la ricerca del materiale di proprio interesse. Sempre tra i siti non istituzionali, può essere d’aiuto Portale Kenya, che è il punto di riferimento per quanti cercano informazioni su università e istituti.
È impossibile poter tracciare una panoramica completa delle università e dei corsi post-lauream in Africa, sia per la vastità dell’argomento, sia soprattutto poiché non tutti forniscono link e pagine utili su internet. Da un punto di vista più generale, segnaliamo dunque che per studiare nei paesi dell’Africa meridionale e centrale è sufficiente conoscere il francese e l’inglese, mentre per quanto riguarda le occasioni di studio nell’Africa settentrionale occorre molto spesso conoscere l’arabo, al tempo stesso però le università di questa zona costituiscono una meta di sicuro interesse proprio per chi studia la lingua e la cultura araba.

Cosa non Scrivere nel Curriculum

Siete contenti del vostro curriculum? Magari la sua struttura vi piace, ma che dire del contenuto? I responsabili della selezione leggono le stesse identiche frasi, curriculum dopo curriculum, ogni giorno.
I casi sono tanti, quante le professioni più diverse.
Ecco qualcuno dei luoghi comuni più diffusi e quindi proprio quelli che, chi è alla ricerca di un lavoro, dovrebbe evitare di riportare nel CV:

1. “Comunicatore”
Questo termine non ti distingue dagli altri candidati, ma è esattamente l’abilità che viene richiesta a chiunque si presenti ad un colloquio. I selezionatori sono più colpiti da chi riesce a comunicare e a comunicarsi bene. Presta sempre attenzione ai tempi verbali (orale o scritta: questo vale per le comunicazioni via mail o a voce), alla pertinenza delle tue frasi e non usare troppi avverbi o ancora peggio, non abusare dei termini in inglese.

2. “Attento ai dettagli”
Ogni lavoro richiede un certo livello di attenzione al dettaglio. Quindi, di nuovo, questo non aiuterà il vostro curriculum – o la vostra chance di successo in un colloquio. La cosa migliore da fare in casi come questo è essere pronti a spiegare, durante un colloquio, come il tuo alto livello di attenzione per i dettagli abbia, in passato, portato ad un risultato importante, di cosa vi siete accorti in tempo utile, cosa non avete tralasciato e cosa poi si è rivelato una fondamentale accortezza.

3. “Altamente qualificato”
Questa è una frase inutile. Avete delle competenze, ed è possibile utilizzare alcune o tutte quelle capacità laddove siano richieste. Non avere competenze significa non aver mai fatto nulla. Credi di avere delle marce in più competenze rispetto alla media? Dimostralo, non perderti in chiacchiere.

4. “Affidabile”
È meglio lo siate davvero, se vi assumeranno. Ancora una volta, questo è un tratto che sul tuo curriculum può essere tralasciato. Semplicemente non vi distingue dalle altre persone che fanno già quel lavoro o svolgono già quella professione.

5. “Referenze disponibili su richiesta”
Questa era una normale prassi nel mondo dei curricula, ma ormai è “fuori moda”. Partendo dal presupposto che un potenziale datore di lavoro voglia le vostre referenze, può ottenerle semplicemente cercandovi su google, guardando i vostri profili sui social network (è importante, per questo, avere un profilo sempre aggiornato sui social network professionali più importanti) e vedendo con chi avete lavorato in passato.
Non indicatelo, quindi, sul CV. Assicuratevi piuttosto di avere i nomi e le informazioni di contatto di chi vi intervisterà. Chiedete sempre nome e cognome della persona con cui sosterrete il colloquio e cercate tutte le informazioni possibili sul web.
In ogni caso, avvisate i possibili “referenti” che siete alla ricerca attiva di un lavoro: in questo modo non saranno sorpresi se qualcuno dovesse chiamarli e chiedere informazioni su di voi.

6. “Giocatore di squadra”
A differenza di chi? Qualsiasi organizzazione vuole avvalersi certamente di chi ha l’energia lavorare efficacemente a contatto con altri. E se non percepiranno questa attitudine in voi durante il colloquio, il fatto che lo abbiate scritto sul curriculum non li convincerà.

7. “In grado di rispettare le scadenze”
Fatevi questa domanda: se doveste rispettare solo una scadenza su 10, quanto a lungo rimarreste? Ancora una volta, questa è una caratteristica già evidente (scontatamente “richiesta”) e significa che saper rispettare le scadenze è il minimo indispensabile, in qualsiasi lavoro.

Regole semplici da seguire.

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