L’argomento dell’impugnabilità della lettera di presa in carico rappresenta una questione di notevole rilevanza nel contesto della riscossione tributaria. A seguito di un accertamento immediatamente esecutivo, notificato dall’Agenzia delle Entrate o dall’INPS, il successivo atto emesso dall’Agenzia Entrate Riscossione è la lettera di presa in carico. Questo documento, che sostituisce definitivamente la tradizionale cartella esattoriale, ha il compito di informare il debitore dell’avvio del procedimento esecutivo, segnalando formalmente l’esistenza dell’avviso di accertamento. L’innovazione introdotta dalle recenti riforme tributarie ha previsto, infatti, la progressiva eliminazione della cartella esattoriale a favore di avvisi immediatamente esecutivi, sollevando così il quesito se la comunicazione di presa in carico possa essere impugnata come avveniva in passato per la cartella esattoriale.
La giurisprudenza di legittimità si è espressa in maniera chiara su questo punto, stabilendo che la comunicazione di presa in carico non rientra tra gli atti impugnabili ai sensi dell’articolo 19 del Dlgs 546/1992. I tribunali hanno sottolineato che, pur potendo esistere dei vizi nella notifica dell’avviso di accertamento, questi non incidono sulla legittimità della lettera di presa in carico. Infatti, la finalità di tale atto è esclusivamente informativa; esso non modifica la posizione giuridica del contribuente, ma si limita a rendere noto l’avvio del procedimento di riscossione. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 4903 depositata il 26 febbraio, ha confermato che l’impugnazione deve attendere la notifica di un provvedimento lesivo, come ad esempio un pignoramento o l’istituzione di un’ipoteca, in quanto è su tali atti che gravano gli effetti concreti sulla sfera giuridica del debitore.
Il caso che ha portato alla decisione in Cassazione riguarda un contribuente che, venuto a conoscenza dell’accertamento solo al momento della notifica della presa in carico, aveva impugnato l’avviso di accertamento lamentando un vizio nella notifica. Tale ricorso, esaminato sia in primo che in secondo grado, è stato respinto, poiché la mera comunicazione della presa in carico non costituisce un atto lesivo. I giudici hanno ritenuto che il diritto di impugnare un atto amministrativo presuppone l’esistenza di un interesse concreto e immediato, e in questo caso il contribuente non subiva alcun danno diretto dall’atto informativo, il quale non rientrava tra quelli elencati per legge come impugnabili.
La questione assume una connotazione ancora più articolata quando si considera la dinamica degli atti prodromici e degli atti lesivi. Se al contribuente fosse stato notificato un atto che incide direttamente sui suoi interessi – come un’intimazione di pagamento o un provvedimento che comporta misure esecutive – allora il vizio nella notifica dell’avviso di accertamento a monte potrebbe costituire un elemento da far valere in giudizio. In quella situazione, il contribuente avrebbe avuto la facoltà di contestare sia il provvedimento lesivo, basandosi sull’invalidità della notifica dell’atto prodromico, sia di sollevare ulteriori eccezioni legate alla validità o alla sostanza dell’accertamento stesso. Tuttavia, la situazione si complica ulteriormente qualora si tratti di casi in cui l’Agenzia Entrate Riscossione fornisce estratti di ruolo contenenti cartelle che non sono mai state debitamente notificate o che presentano irregolarità nella notifica. Anche in tali circostanze, il contribuente non può impugnare direttamente l’atto in questione, ma deve attendere la successiva notifica di un atto effettivamente lesivo, come l’intimazione di pagamento o il preavviso di ipoteca, che produca effetti concreti sulla sua situazione patrimoniale.
L’orientamento della giurisprudenza evidenzia come il diritto di agire in giudizio sia strettamente vincolato alla presenza di un danno concreto e immediato. In altre parole, se il contribuente subisce una comunicazione puramente informativa, come la presa in carico, non sussiste un interesse processuale sufficiente per giustificare l’impugnazione dell’atto. La Corte Suprema ha altresì osservato che, anche se l’avviso di accertamento fosse stato notificato in modo non corretto, tale irregolarità non produce effetti dannosi per il contribuente, non incidendo in modo significativo sulla sua sfera giuridica. Solo in presenza di un atto successivo, che materializzi un danno o una limitazione del diritto di difesa, si configura il presupposto per l’impugnazione.
In conclusione, la lettera di presa in carico, pur derivando da un avviso di accertamento eventualmente notificato in maniera difettosa, non è impugnabile in quanto essa non altera la posizione giuridica del contribuente e non rientra tra gli atti suscettibili di impugnazione secondo la normativa vigente. La tutela del contribuente si concretizza invece nell’opportunità di contestare successivamente provvedimenti lesivi, nei quali eventuali vizi procedurali o di notifica possano effettivamente compromettere i suoi diritti. L’approccio adottato dalla giurisprudenza sottolinea l’importanza di distinguere tra atti informativi e atti effettivamente lesivi, evidenziando come l’interesse processuale sussista solo nel caso in cui venga notificato un provvedimento che incida in modo concreto e negativo sulla posizione del debitore. Tale orientamento garantisce un equilibrio tra l’esigenza di efficacia dell’azione di riscossione e la tutela dei diritti del contribuente, assicurando che eventuali impugnazioni siano fondate su reali danni patrimoniali o limitazioni del diritto di difesa.